MODELLO PARMA: TUTELA E SOSTENIBILITA’ DI UN SISTEMA AGRO ALIMENTARE DI PREGIO, DI CORRETTO STILE DI VITA E PRESERVAZIONE DELLA SALUTE di Leone Arsenio

Modello Parma:

Tutela e sostenibilità di un sistema agro alimentare di pregio, di corretto stile di vita e preservazione della salute

Prof. Leone Arsenio
Consigliere L. C. Parma Ducale
Leone Arsenio è nato a Lecce il 9/7/1946 ed è residente a Parma. Si è laureato in Medicina e Chirurgia con il massimo dei voti e lode presso l’Università di Napoli nel 1970 e da quell’anno si è trasferito presso l’Azienda Ospedali ero-Universitaria di Parma; ivi ha conseguito il Diploma di Specializzazione in Endocrinologia e Malattie del Ricambio, in Medicina Interna e, infine, in Biochimica e Chimica Clinica; dal 2002 fino al 30 marzo 2012 è stato Responsabile del reparto di Malattie del Ricambio e Diabetologia. Svolge inoltre le funzioni di Docente presso le Scuole di Specializzazione in Scienza dell’ Alimentazione e di Geriatria dell’Università di Parma. E’ Direttore Scientifico di “Progress in Nutrition”, Giornale Italiano del Metabolismo e della Nutrizione.
È responsabile della commissione “Ambiente, stili di vita e salute” del Centro di Etica Ambientale di Parma e membro della Commissione Tecnico-scientifica per il progetto “Giocampus” e “Crescere in armonia” del Comune di Parma e del Gruppo Tecnico Scientifico (sottogruppo Scuole Primarie) del Progetto sull’educazione alimentare di Piacenza. È l’ideatore e l’organizzatore della Settimana di Alimentazione, Salute, Cultura, conosciuta anche come Obesity Week, giunta quest’anno alla VI edizione, dedicata ad incontri e convegni sulle tematiche sanitarie, economiche, sociali, culturali del cibo.
Ha tenuto numerosi relazioni a congressi scientifici ed associazioni culturali ed ha collaborato frequentemente con televisioni e stampa quotidiana e periodica. La sua attività scientifica è documentata da oltre 160 tra pubblicazioni scientifiche ed abstract e da quattro libri “Alimentazione ed esercizio fisico”, “Alimentazione, Colesterolo ed Aterosclerosi” e “Alimentazione, clima ed evoluzione dell’uomo” e “Sessualìtà, Alimentazione e Cervello”.

Introduzione

Nell’anno lionistico 2013-2014, utilizzando i Fondi 5permille Distretto 108 TB, è stato istituito un Premio destinato a Giovani Laureati operanti in Università, Enti Ospedalieri e Strutture Sanitarie, pubbliche o private italiane, con il riconoscimento dei migliori progetti di lavori scientifici relativi al tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” dell’Expò2015, adottato anche dal Multidistretto 108 Italy e dal Distretto 108 TB.

Gli obiettivi erano di ampia portata ed in particolare: incoraggiare iniziative rivolte alla salvaguardia della tradizione agroalimentare e alla sua sostenibi1ità ambientale, sociale, economica ed etica, alla cura del territorio e alla tutela della biodiversità; stimolare il dibattito sulla lotta alla fame e alla sete; stimolare la lotta agli sprechi; promuovere iniziative verso la prevenzione delle patologie cronico-degenerati ve; supportare iniziative per l’educazione alimentare specialmente tra i giovani e gli anziani; sensibilizzare il pubblico nei confronti della qualità e della sicurezza alimentare.

Uno dei premi, assegnato a Francesca De Vita dell’Università di Parma, ha riconosciuto la validità di un progetto (,’Modello Parma”) di educazione-formazione le cui principali aree tematiche sono articolate in conoscenza e comprensione delle interazioni tra Cibo – Salute – Agricoltura -Territorio – Industria – Consumi; informazioni sul valore della produzione agro alimentare locale ed italiana, della sua storia e degli stretti legami con il territorio; prodotti tipici locali come alternativa alla omologazione dei sapori, come salvaguardia del territorio e della biodiversità e come valore economico aggiunto.

In definitiva il “Modello Parma” identifica uno scenario da diffondere per stimolare i giovani a puntare su un modello sostenibile e vincente. In accordo con le tematiche dell’ Expo 2015, infatti, la risposta all’ obesità e ai complessi e intricati problemi sanitari, sociali, economici e culturali, ad essa collegati, necessita di un coinvolgimento scientifico, culturale, economico della società, e si realizza attraverso lo sviluppo di modelli idonei ad assicurare non solo un’alimentazione buona e sana ma anche sostenibile, capace di tutelare la biodiversità e la salute del Pianeta.

Al fine di conciliare il più possibile i concetti astratti delle direttive alimentari con i piatti che rispecchiano il vissuto e i gusti che ogni persona porta dentro di sé, è necessario il rispetto delle tradizioni locali ed una stretta collaborazione con il settore agro-alimentare.

Una conoscenza fondata sulla biodiversità del nostro territorio permette di costruire le basi per un atteggiamento sano nei confronti dell’ambiente e del cibo e in cui esso si produce e si consuma.

Parma, per le sue caratteristiche peculiari di stretta integrazione tra grande, media e piccola . imprenditoria locale con la sua cultura e la sua storia, rappresenta un vero e proprio modello, “Modello Parma”, di capacità ed innovazione tecnologica, di sostenibilità economica, ambientale, sociale ed etica, frutto di un cammino secolare in campo agroalimentare.

I punti di forza sono le tradizioni agro alimentari con i vari Consorzi (Parmigiano-Reggiano, Prosciutto, Culatello, ecc.) e la filiera del pomodoro, che garantiscono qualità e ambiente, la cucina, tramandata dalle rezdore, testimoniata dai Musei del Cibo e garantita da dalla Stazione Sperimentale delle Conserve e da ALMA, il supporto politico, economico e culturale, dato da Comune, Provincia, Università, Aziende Sanitarie, Unione Parmense degli Industriali, Camera di Commercio, Sovrintendenza ai beni culturali, Centro di Etica Ambientale, Lions, Corpo Forestale dello Stato, LILT, CRI, Volontariato, ecc. e l’interesse per queste problematiche da parte dell’industria agro alimentare parmense. In particolare, il Barilla Center for Food and Nutrition (BCFN), in occasione dell’Expò2015, presenterà la Carta di Milano, incentrata su temi, come il rapporto tra cibo e salute attraverso corretti stili di vita, lo spreco del cibo e l’obesità, il problema dell’accesso al cibo e della sua distribuzione, lo sfruttamento sconsiderato delle risorse.

Il progetto prevede campagne di formazione-informazione nutrizionale volte ad educare il consumatore alla sostenibilità dell’alimentazione, promuovendo una maggior consapevolezza dei valori della produzione agroalimentare locale, della sua storia e degli stretti legami con il territorio, ma, anche dei nessi causali che esistono tra stile di vita e scelte di consumo alimentare con l’ambiente e la salute. L’importanza del progetto è da identificare nelle ricadute comunicazionali del materiale prodotto in forma di eventi culturali organizzati in appendice ad EXPO 2015, nell’ambito Lions.

Lo scorso ottobre si è svolta a Parma la VII edizione dell’Obesity Week (OW), settimana dedicata alla prevenzione dell’obesità e per un corretto stile di vita, con lo scopo di parlare del cibo e di tutto quello che ruota attorno ad esso e anche l’edizione 2015 si propone di far conoscere e valorizzare il “Modello-Parma” .

Premessa

Le attuali abitudini alimentari, tipiche delle società industrializzate, che hanno sostituito le diete tradizionali, si sono accompagnate ad un forte aumento dell’obesità e delle patologie cronico-degenerative, ad essa collegate, diabete, dislipidemie, ipertensione arteriosa, iperuricemia, che, a loro volta, sono alla base dell’aterosclerosi e delle sue complicanze cardiovascolari e dei tumori (prima e seconda causa di morte nei Paesi industrializzati).

Negli ultimi 33 anni i numeri dell’obesità sono letteralmente esplosi, sia per gli adulti (+ 28), sia per i bambini (+47), passando da 857 milioni del 1980, a 2,1 miliardi del 2013, secondo un’analisi del Glabal Burden of Disease Study 2013, che ha preso in esame i dati relativi a 188 nazioni, tra il 1980 e il 2013.

In Italia ci sono oggi 17,6 milioni di persone in sovrappeso e 4,9 milioni di obesi. Relativamente agli adulti italiani, dai dati del sistema di sorveglianza Passi 2009-2012 emerge che due adulti su cinque (42) sono in eccesso ponderale, con il 31 in sovrappeso e l’11 di obesi.

Per il periodo di rilevazione 2009-2012, l’eccesso ponderale è significativamente più frequente in alcune categorie: nella fascia di età più anziana (50-69 anni, sovrappeso: 40%; obesi: 16%), fra gli uomini (rispettivamente: 40% e 11%), fra le persone con molte difficoltà economiche (rispettivamente: 35% e 16%), fra quelle con un titolo di studio basso o assente (rispettivamente: 41% e 23%) e tra gli intervistati con cittadinanza italiana (rispettivamente: 31% e 11%). Nel periodo 2009-2012, la distribuzione dell’eccesso ponderale, disegna un chiaro gradiente Nord-Sud con una maggiore diffusione nelle Regioni meridionali (la Basilicata è la Regione con il valore più alto, 49%, seguita da Campania e Molise con 48%, mentre la P.A. Bolzano con il 34% è quella con il valore più basso).

L’OMS ha compilato una tabella che fotografa la situazione come dovrebbe essere nel 2030. Secondo queste previsioni, in Italia una donna su due e sette uomini su dieci potrebbero essere in sovrappeso, con anche le percentuali di obesi in forte aumento. In particolare la percentuale di donne sovrappeso passerà dal 39 del 2010 al 50 del 2030, numeri comunque tra i più bassi in Europa, mentre le obese passeranno dal lO al 15. Molto peggio andranno i maschi.

Secondo le tabelle elaborate dall’OMS si passerà dal 58% di sovrappeso del 2010 al 70% nel 2030, con gli obesi che passeranno dal 12% al 20%.

Le stime che riguardano l’Europa sono ancora più pessimistiche: nel 2030 il paese con più maschi sovrappeso sarà l’Irlanda, con l’ 89% di cui quasi metà obesi (un dato pari solo all’Uzbekistan), mentre le donne più sovrappeso saranno le belghe, con 1’89% e le più obese le britanniche con il 26%. Oltre all’Irlanda e alla Gran Bretagna i paesi più a rischio sono Grecia, Spagna, Austria e Repubblica Ceca, e persino la Svezia, che tradizionalmente ha una bassa prevalenza di obesità, arriverà al 26% di obesi dall’attuale 14%, mentre le donne passeranno dal 12% al 22%.

Obesità e sovrappeso sono responsabili di una spesa annuale a carico del SSN italiano pari a circa 4,5 miliardi, ai quali si aggiungono 4,5 miliardi di costi indiretti, come perdita di produttività, assenteismo e mortalità precoce.

A livello mondiale, l’OMS stima che circa il 58% del diabete mellito, il 21% della malattie coronariche e quote comprese tra 1’8% e il 42% di certi tipi di cancro siano attribuibili all’obesità.

In termini assoluti, in Italia, secondo Data analysis board di Ibdo foundation, un obeso severo o molto severo costa 450-550 euro in più/anno rispetto a una persona normopeso, anche se l’impatto maggiore è determinato da gradi meno severi di obesità e dal sovrappeso: una persona sovrappeso costa al SSN “solo” 37,4 euro/anno in più rispetto a un normopeso, ma in Italia se ne contano ben 21 milioni, portando a un eccesso di spesa sanitaria di oltre 780 milioni di euro annui.

Un terzo della spesa per l’obesità, inoltre, è imputabile al diabete, malattia strettamente collegata. Secondo uno studio pubblicato su Diabetes Care, coordinato da Man- Yee Mallory Leung dell’University school of medicine di Washington a St. Louis, le stime del 2011 parlano di 366 milioni di pazienti diabetici nel mondo, con un ulteriore incremento a 552 milioni atteso entro il 2030 e i dati raccolti dimostrano che alle donne americane bianche cinquantenni malate di diabete con BMI maggiore di 40 restano 17,9 anni di vita con una spesa sanitaria globale di 185.609 dollari rispetto ai 22,2 anni di vita con 183.704 dollari delle coetanee normopeso.

L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in occasione della presentazione del nuovo algoritmo per la gestione del diabete di tipo 2, ha comunicato alcuni dati impressionanti: ogni due minuti in Italia una persona riceve la diagnosi di diabete, ogni sette minuti una persona con diabete ha un attacco cardiaco e ogni 20 una persona muore per questa malattia.

L’lnternational Diabetes Federation (IDF), a dicembre scorso, ha evidenziato che la crescita economica dei Paesi del G20 è a rischio, perché, entro la fine di quest’anno, in tutti le 20 superpotenze, le spese assistenziali a causa dell’aumento del solo diabete raggiungeranno 566 miliardi di dollari, cioè fino al 15 del budget totale sanitario delle nazioni ad alto reddito. Sono state appena pubblicate (Ann Intern Med. Published online 14 July 2015) le conclusioni della Community Prevention Services Task Force: i programmi basati su dieta ed attività fisica risultano efficaci nel miglioramento dei fattori di rischio cardiometabolici e nel ridurre l’incidenza del diabete; sistemi sanitari e comunità forniscano assistenza e supporto longitudinale ai soggetti che presentano un incremento del rischio di diabete di tipo 2 perchè gli studi economici hanno dimostrato un buon rapporto costo/beneficio.

Come auspicato dall’Expo 2015, la risposta ai complessi e intricati problemi sanitari, sociali, economici e culturali, legati all’obesità, può essere soltanto corale, necessita di un coinvolgimento scientifico, culturale, economico della società, e si realizza attraverso lo sviluppo di modelli idonei ad assicurare un’alimentazione buona e sana ma anche sostenibile, capace di tutelare la biodiversità e la salute del Pianeta.

La risposta prevede anche il rispetto delle tradizioni locali, in modo da conciliare il più possibile i concetti astratti delle direttive alimentari con i piatti che rispecchiano il vissuto e i gusti che ogni persona porta dentro di sé. L’obiettivo di un miglioramento della qualità del cibo, non può infatti prescindere da una stretta collaborazione con il settore agro-alimentare.

I prodotti tipici, in particolare, sono manifestazione di modelli di produzione fondati sulla co- evoluzione dei sistemi di coltivazione/allevamento e di trasformazione del prodotto con il territorio in cui questi sistemi si realizzano, ma anche con le risorse che in esso sono presenti. Più in generale, tali prodotti sono espressione di specificità ubicativa, e di grande artigianalità nei processi di coltivazione, allevamento e trasformazione. Le peculiarità del prodotto tipico ed il suo radicamento

al territorio si realizzano di norma anche attraverso l’impiego di un nome geografico.

Tale connotazione è strumento di relazione tra sistemi produttivi e mondo del consumo, identifica il prodotto sul mercato e sintetizza per i consumatori un insieme di informazioni rilevanti, comunicando la specificità del prodotto legata alla sua origine.

I nomi geografici svolgono anche il ruolo di garanzia di qualità e di valore aggiunto per i prodotti, appunto, tipici.

I fattori rilevanti nel determinare la tipicità del prodotto agro alimentare sono quindi corre lati alla specificità delle risorse locali impiegate nel processo produttivo, alla storia e alla tradizione, dimensione collettiva ed alla presenza di conoscenze condivise a livello locale.

Queste caratteristiche hanno reso il prodotto tipico la parte più attrattiva del nostro sistema agro alimentare ed oggetto di grande attenzione, poiché strumento importante sia nel sostentamento dell’intera produzione agricola e agro alimentare del nostro paese sia nel contrasto dei potenziali effetti negativi della globalizzazione sui sistemi agricoli e di trasformazione delle piccole e medie Imprese.

Proprio per questo, numerosi produttori e collettività locali ripongono grandi attese sulle possibilità offerte dalla valorizzazione della tipicità del prodotto e sui potenziali benefici, non solo per le imprese coinvolte nel processo di produzione, ma, più in generale, per l’intero sistema socio- economico locale, per l’ambiente e il suo riequilibrio territoriale.

Appare quindi rilevante la valorizzazione e tutela dei molteplici punti di forza etici, socio-sanitari, economici, storici e culturali, di importanti filiere agro-alimentari e prodotti tipici, che si realizza attraverso una attenta analisi delle criticità e la valutazione del rapporto tra scelte di consumo e ambiente.

Affinché questo processo sia efficace è di fondamentale importanza un approccio al ciclo di vita di un prodotto alimentare perché solo considerando ogni fase in sequenza è possibile sviluppare una prospettiva oggettiva, quantificando caratteristiche ed effetti della produzione e del consumo alimentare. Questo pone le basi per lo sviluppo di conoscenze, capacità analitiche e consapevolezza dei pericoli e rischi futuri soprattutto in termini di sostenibilità ambientale e tutela della biodiversità, ma anche per l’avvio di campagne adeguate di formazione ed informazione nutrizionale, che potrebbero giovarsi del supporto del Mondo-Lions, caratterizzato dalla contemporanea presenza di molteplici professionalità, sensibili e preparate.

 

Scopi

Analizzare le criticità, valorizzare e tutelare i molteplici punti di forza etici, socio-sanitari, economici, storici e culturali, di numerose e importanti filiere agro-alimentari radicate nel territorio di Parma (Parmigiano-Reggiano, Prosciutto crudo di Parma, Culatello e Distretto del pomodoro). Nel riconoscimento che una corretta informazione alimentare della popolazione sia una tappa importante di un processo che vede il consumatore sempre più protagonista delle proprie scelte è obiettivo del progetto anche quello di educare alla sostenibilità dell’alimentazione promuovendo nel consumatore, dunque, una maggior consapevolezza dei valori della produzione agro alimentare locale, della sua storia e degli stretti legami con il territorio ma anche dei nessi causali che esistono tra il suo stile di vita, le scelte di consumo alimentare e l’ambiente.

Gli obiettivi del progetto trovano piena motivazione nel contesto del territorio di Parma, caratterizzato da un felice collocamento geografico ed una diversificazione funzionale in molteplici fili ere alimentari con forte radicamento territoriale. Parma, per le sue caratteristiche peculiari di stretta integrazione tra grande, media e piccola imprenditoria locale con la sua cultura e la sua storia, rappresenta quindi lo scenario ideale di sviluppo e promozione di “marchi” e prodotti tipici riconoscibili ma anche di adeguate campagne di educazione-formazione, al fine di promuovere un corretto stile di vita per il mantenimento dello stato di salute e per ridurre gli impatti ambientai i sul territorio.

Se consideriamo che molto spesso il prodotto tipico rappresenta un elemento culturale e identitario, espressione della volontà della collettività locale di preservare il prodotto, percorsi di valorizzazione ed educazione alimentare attivati a livello locale possono risultare maggiormente efficaci.

E’ possibile quindi far riferimento a Parma come vero e proprio modello, “Modello Parma”, di capacità ed innovazione tecnologica, di sostenibilità economica, ambientale, sociale ed etica, frutto di un cammino secolare in campo agroalimentare di pregio.

La breve analisi di alcuni prodotti rende più comprensibile questi rapporti.

Il Prosciutto crudo di Parma affonda le sue radici all’epoca romana, da cui il nome Perex Suctum (Prosciugato). Lo sviluppo di questa tradizione fu senz’altro influenzato dalla presenza nella zona di Parma di sorgenti saline salso-iodiche, come ad esempio quelle di Salsomaggiore. Per proteggerne la qualità, gli stessi produttori nel 1963 hanno costituito il Consorzio del Prosciutto di Parma, che, d’allora, vigila sulla lavorazione e sulla scelta della materia prima. La Comunità Europea ha conferito nel 1996 al prosciutto italiano più famoso il riconoscimento DOP.

L’unico conservante ammesso dal disciplinare è il sale.

Il Prosciutto di Parma conta su circa 200 produttori concentrati nella parte est della provincia di Parma, in particolare nella zona di Langhirano. Le fasi di allevamento e ingrasso degli animali nonché il trattamento e la stagionatura successivi sono regolati e garantiti dal consorzio. La zona tipica di produzione del prosciutto di Parma è indicata dal disciplinare, così come dalla legge 13/07/1990 n.26 e prima ancora dalla la legge 4/7/1970 n.506, è quell’area posta a sud della via Emilia, ad almeno 5 km da essa, al di sotto dei 900 metri di altitudine e delimitata a est dal fiume Enza e a ovest dal torrente Stirone.

I maiali invece possono provenire da allevamenti italiani situati in queste regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise. Il contenuto lipidico del prosciutto crudo di Parma stagionato 13 mesi e privato del grasso visibile, risulta pari a 3,46, con una netta prevalenza di acido oleico (43,4) e di linoleico (circa 8). Il contenuto proteico si aggira intorno al 27 nella parte magra.

La riduzione della quota lipidica ha comportato la diminuzione dell’apporto calorico di questo alimento, che si aggira (per 100 g) sulle 280 Kcal nel caso del prosciutto intero e a circa 138 Kcal nel caso del prosciutto magro.

Il culatello di Zibello è un salume a denominazione di origine protetta tipico della provincia di Parma, prodotto a partire dalla coscia di maiale, citato con certezza per la prima volta in un documento del 1735. È inoltre catalogato tra i Presidi di Slow Food dell’Emilia-Romagna.

Il Consorzio del Culatello di Zibello ha stabilito che la lavorazione può avvenire solo in una determinata e circoscritta zona ed esclusivamente nel periodo tra ottobre e febbraio, quando la Bassa è avvolta dalla nebbia e dal freddo.

È in quel periodo che la parte di carne ricavata dalla coscia dei suini adulti, allevati secondo metodi tradizionali, viene decotennata, sgrassata, disossata, separata dal fiocchetto e rifilata a mano, così da conferirle la caratteristica forma “a pera”.

A queste operazioni seguiranno poi, dopo circa una decina di giorni, la salatura e la cosiddetta investitura, cioè l’insaccamento del salume nella vescica del suino e la legatura con lo spago che, dopo la stagionatura, dovrà risultare a maglie larghe e irregolari. La stagionatura in cantina accompagna il Culatello dalle nebbie invernali all’afa estiva, per arrivare sulle nostre tavole l’inverno successivo nel pieno delle sue più originali qualità di sapore.

Il periodo di stagionatura è da un minimo di IO mesi per le pezzature inferiori (almeno 3 kg) fino ad una media di 14 mesi per tutti i pezzi. La produzione annua è di circa 50.000 pezzi di Culatello di Zibello DOP.

Il Distretto del Pomodoro comprende il territorio di Parma, Piacenza, Cremona e Mantova ed è caratterizzato a partire dalla fine dell’ 1800 da un importante polo nazionale per la produzione e trasformazione industriale del pomodoro.

La filiera agro alimentare del pomodoro coinvolge le aziende che si occupano della produzione agricola e le imprese per la trasformazione.

Le imprese sono integrate fra loro e con il sistema dei servizi, della ricerca, della divulgazione e della assistenza tecnica e dialogano con le istituzioni pubbliche presenti sul territorio.

Negli ultimi anni la filiera del pomodoro da industria è stata interessata da profondi cambiamenti nelle politiche agricole europee, nei mercati, nella concorrenza internazionale e nelle strategie di Impresa.

La finalità del Distretto risponde alla necessità di promuovere le forme di confronto, collaborazione e coordinamento tra le parti coinvolte nella filiera.

Il Distretto del Pomodoro da Industria riunisce le organizzazioni dei produttori, le imprese di trasformazione cooperative e industriali, i rappresentale Province, le Camere di Commercio, i centri di ricerca e sperimentazione, le organizzazioni professionali e che operano nella filiera del pomodoro da industria della Provincia di Parma, Piacenza, Cremona e Mantova.

La sede legale dell’ Ass.ne Distretto Pomodoro da industria è sita presso la Provincia di Parma.

Particolarmente importante è il ruolo del formaggio Parmigiano-Reggiano, uno fra i più importanti formaggi italiani DOP in termini di produzione (120.000 tonnellate/anno nel 2011) e caratteristiche organolettiche.

E’ un formaggio semigrasso, a pasta dura, cotta e a lenta maturazione, prodotto utilizzando oltre al caglio e al sale, il latte vaccino (1 kg di Parmigiano-Reggiano deriva da 16 litri di latte), riposato e parzialmente scremato, proveniente dalla zona tipica che comprende le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova alla destra del fiume Po e Bologna alla sinistra del fiume Reno.

Non è ammesso l’impiego di alcuna sostanza antifermentativa.

Il Parmigiano-Reggiano è un esempio notevolissimo di radicamento territoriale di un prodotto alimentare.

Le ragioni sono molteplici: la zona d’origine limitata, ma non troppo ridotta, e relativamente uniforme dal punto di vista culturale, la presenza di un asse viario centrale come la Via Emilia con una forte connotazione storica, la produzione tradizionalmente diffusa in aziende medio familiari o comunque artigianali (ancora oggi i caseifici iscritti al Consorzio di tutela sono poco meno di 4000 per lo più di dimensioni medio-piccole), il ruolo aggregativo svolto dai caseifici “sociali”, la diffusa percezione del valore nutrizionale del prodotto maturata dalla popolazione in secoli di esperienza sul campo (il Parmigiano-Reggiano ha sempre rappresentato una eccezionale fonte proteica di facile conservazione in epoche in cui la deperibilità dei cibi era un problema notevole), la oggettiva fonte di reddito che il Parmigiano- Reggiano ha sempre rappresentato per i produttori, la necessità di affidare la produzione a personale altamente qualificato, l’impossibilità biologica di improvvisare la produzione del formaggio in aree diverse da quella di origine. Il Disciplinare di Produzione del Consorzio del Parmigiano-Reggiano prevede l’utilizzo di latte di vacca proveniente da animali la cui alimentazione base è costituita per almeno il 50 da foraggi di prato a loro volta provenienti per almeno il 75 dalla zona tipica. Tale norma oltre alla qualità del prodotto ha garantito la sopravvivenza dei prati polispecie, contribuendo a fare del Parmigiano-Reggiano un prodotto a filiera corta con un favorevole impatto ambientale in termini di tutela della biodiversità, sfruttamento dei terreni e impronta idrica.

Il progetto “Modello Parma” prevede inoltre una campagna ed un percorso di educazione- formazione per l’adozione di corretti stili di vita attraverso una serie una serie di riunioni ed incontri specifici volti ad incrementare e promuovere una nuova cultura sul tema del cibo e della nutrizione, con particolare enfasi sul legame con la cultura e la storia locale, sostenibilità ambientale e tutela delle biodiversità.

I vantaggi di buone pratiche di alimentazione sostenibile, verranno comunicate sfruttando la potenza delle immagini e valorizzando l’attualità culturale ed i benefici della sostenibilità. In particolare, il percorso formativo partendo dall’ azienda agricola, il primo anello della filiera, passerà ad esaminare le diverse fasi della produzione e trasformazione degli alimenti, per arrivare poi ai diversi canali distributivi. Successivamente, verranno forniti al consumatore gli strumenti necessari per poter scegliere con più oculatezza tra la miriade di proposte alimentari attualmente disponibili sul mercato, promuovendo i valori della produzione agro alimentare locale ed italiana, della sua storia e degli stretti legami con il territorio. Nel dettaglio, le principali aree tematiche del percorso di educazione-formazione saranno articolate in:

Informazioni di base sui diversi alimenti, sul loro valore nutrizionale, sulle caratteristiche merceologiche, con riferimento ad aspetti collegati alla stagionalità delle produzioni agricole.

Informazioni sul valore della produzione agroalimentare locale ed italiana, della sua storia e degli stretti legami con il territorio.

Informazioni sulla corretta alimentazione;

Contenimento degli sprechi, riutilizzo degli avanzi di cibo, modalità di conservazione del cibo, consumo sano e consapevole delle materie prime;

Prodotti tipici regionali come alternativa alla omologazione dei sapori e come salvaguardia

del territorio e della biodiversità.

Conoscenza e comprensione delle interazioni tra Cibo – Salute – Agricoltura -Territorio – Consumi.

Il materiale prodotto nell’ambito del suddetto progetto quindi potrà:

  1. Generare ricadute comunicazionali in forma di eventi culturali organizzati In appendice ad EXPO 2015 e nell’ambito Lions:

– Consensus Conferences fra panel di esperti;

– eventi aperti al pubblico organizzati a livello locale;

– partecipazione a eventi promossi da enti terzi anche di altre aree;

– pubblicazione di atti, articoli scientifici e comunicati.

  1. Rappresentare anche uno dei temi nella prossima edizione dell’ Obesity Week, evento scientifico annuale che si tiene a Parma ( www.obesityweek.info ), dedicato al “pianeta” cibo e a tutto quello che vi è collegato, che coinvolge oltre al mondo sanitario, quello economico, sociale, culturale e religioso. L’edizione dell’Obesity Week 2015 può rappresentare un contenitore ideale per presentare i risultati preliminari del lavoro svolto in sessioni di lavoro riservate agli esperti (Consensus) o aperte al pubblico.

Infatti, come finalità dei lavori, incontri, seminari nell’ambito di Expo Milano 2015, vi è quello lasciare come legacy il know-how, che sarà fondamentale per ottimizzare la catena alimentare proponendo nuove prospettive, riducendo gli sprechi, aumentando la sicurezza alimentare e recuperando il valore nutrizionale del cibo.

Riflessioni e Conclusioni

Dalla pubblicazione dei dati nazionali OKKio alla salute, basati su una popolazione di oltre 46 mila bambini e 48 mila genitori delle classi terze elementari (8-9 anni) di tutte le regioni italiane, si osserva una progressiva diminuzione della percentuale di bambini in eccesso ponderale: il 20,9 è in sovrappeso (23,2 nel 2008) e il 9,8 obeso (12 nel 2008).

Tuttavia questi dati lasciano, comunque, il nostro Paese ai primi posti in Europa, con un gradiente regionale nord-sud. A Parma risultano sovrappeso 21,7 e obesi 3,73, mentre in Emilia-Romagna sovrappeso 22,1 e obesi 7,2.

L’alimentazione non equilibrata e la sedentari età sono i fattori che giocano un ruolo determinante: 1’8 dei bambini salta la prima colazione, mentre il 31 fa una colazione non equilibrata e il 25 dei bambini non mangia frutta o verdura. Il 41 dei genitori intervistati ha dichiarato che i propri figli consumano abitualmente con il loro permesso bevande zuccherate e/o gassate.

È interessante il confronto tra Parma e una realtà come Modena, vicina geograficamente e simile per storia, economia e dimensioni: bambini modenesi obesi 7,2, quasi il doppio di Parma! Il presidente del Comitato italiano paralimpico, Luca Pancalli, intervistato sul Corriere dello Sport – Stadio (1 marzo 2014) dichiara “In Italia, fatichiamo a far decollare una cultura sportiva sul modello anglosassone perché c’è una disattenzione del settore scolastico per le ore di educazione motoria, che sono sempre vissute come un qualcosa di accessorio all’interno del percorso formativo dei giovani”. Tutto il territorio provinciale di Parma ha investito molto nelle scuole, ad esempio il progetto di educazione alimentare “Crescere in armonia. Educare al benessere”, condotto nelle scuole dell’ obbligo comunali parmigiane.

Sempre nelle scuole di Parma, a partire dal 2002/3, è stato portato avanti un importante e innovativo programma educativo “Giocampus”, che rappresenta un esempio riuscito di alleanza educativa pubblico-privata tra il Comune di Parma, l’Università degli studi di Parma, l’Ufficio Scolastico Regionale, il CONI Regionale Emilia Romagna, il CUS Parma e l’azienda Barilla, e che ha unito concretamente l’educazione alimentare alla pratica sportiva, anche mediante l’organizzazione di campi estivi al Campus e invernali sulla neve.

Sempre a Parma, a partire da quest’anno accademico, gli studenti che svolgeranno attività sportiva potranno acquisire crediti formativi universitari nell’ambito delle attività a libera scelta, mentre negli altri atenei si assegnano crediti liberi ad atleti che si sono particolarmente distinti, cioè a pochi. È stato dimostrato (Ann Behav Med online, pubblicato il 20 dicembre 2014) che coloro che sono riusciti a costruire una migliore rete di supporto sociale risultano complessivamente più sani, perché l’isolamento sociale prolungato potrebbe avere un effetto negativo sulla salute fisica.

A Parma, Emilia Caronna, Delegata del Rettore Loris Borghi, coordina iniziative per studenti disabili e fasce deboli, sulla base di una Convenzione, stipulata tra Università, Provincia, Comune, Comitato Italiano Paralimpico, CUS, ACI, INAIL, AUSL, con la finalità di coinvolgere nella pratica sportiva ragazzi e ragazze (universitari e cittadini), con disabilità motorie, sensoriali, cognitive,

mentali, d’individuare la pratica sportiva adatta all’interessato e di garantire la certificazione d’idoneità, aprendo “SPORT-ELL-TUTTI”, lo sportello che ti “accompagna” a fare sport.

Le contromisure per combattere l’epidemia di obesità nascono da alcuni principi di econorma sanitaria:

1) strategie di informazione sanitaria necessitano di tempi lunghi, ma si ripagano da sole attraverso future riduzioni della spesa sanitaria;

2) una lotta basata su più interventi genera guadagni di salute maggiori di azioni individuali, spesso con un rapporto costo/efficacia più favorevole;

3) interventi mirati ai bambini richiedono di tempi ancora più lunghi, ma Parma è la dimostrazione che si tratta di investimenti produttivi. Il Modello-Parma funziona perché basato su una condivisione di intenti e di sforzi, in altre parole è un modello inclusivo della società e certamente un ruolo importante potrà essere svolto dai Lions Club.

 

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